Oggi è il Record Store day, la settima edizione dell’iniziativa partita dagli Stati Uniti che punta a salvaguaradare i negozi musicali indipendanti. Iniziativa mondiale che in Italia ha visto l’adesione di 70 negozi (qui la lista).
Poteva Sussurradio farsi sfuggire l’occasione per celebrare? Sulla pagina facebook i nostri dj sono gia partiti e per tutto il giorno posteranno foto e pezzi dai loro dischi, possibilmente in vinile, preferiti.
Per festeggiare la ricorrenza pubblichiamo il primo racconto dei 20 che costituiscono il libro Quando usucapivo vinili di Emanuele Mandelli.
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Usucapivo vinili. Lo facevo in maniera senziente, in piena malafede. Con metodo e convinzione. Come quando non restituii volontariamente al Nanni il vinile di Aqualung dei Jethro Tull. Era arrivato a casa mia assieme ad un pacco di altri vinili che mi aveva prestato il facinoroso collega di lavoro, di almeno 20 anni più vecchio di me, forse più. Antico amante del rock anni ’70, noto avvinazzato, mulettista spericolato. Mi aveva dato da doppiare su cassetta una ventina di dischi, quasi tutti in condizioni precarie di pulizia e manutenzione.
Non ricordo cosa fosse contemplato nella raccolta. Di certo i Cream, anche lui come altri protagonisti che incroceremo in questa storia amava il gruppo di Eric Clapton, Ginger Baker e Jack Bruce. Quei tre pazzi scatenati che tra il 1966 ed il 1968 misero a ferro e fuoco il rock britannico. Il primo super gruppo della storia del rock, tre geni che da vivo sapevano improvvisare per ore. Al 67esimo posto dei 100 migliori artisti di sempre secondo Rolling Stone, al 16esimo tra quelli hard rock secondo VH1.
Ma dicevamo: avevo passato delle ore a sistemare alla meglio i tagli nelle copertine, ripulire i vinili con panno umido e detergente adatto, cercato di sistemare le custodie interne. Intanto avevo doppiato su cassetta, a lui e a me, i preziosi cimeli. Un fine lavoro di restauro che decisi di pagarmi, senza essere autorizzato, trattenendo dal lotto un vinile, per la precisione e come detto Aqualung dei Jethro Tull. Già avevo imparato ad amare il gruppo di Ian Anderson, il menestrello dal flauto traverso anche se un gruppo che prende il nome da un agronomo del 1600 non dovrebbe rientrare tra gli ascolti di un metallaro.
Anche se spesso nella loro storia hanno fatto dischi molto folk, ad inizio carriera passarono dal blues al progressive sfornando un disco di puro rock progressivo amato indistintamente da fruitori di generi musicali diversi. Già dalla copertina lo spirito hard rock era evidente, colori accesi, un clochard in primo piano. Il titolo del disco, si dice, deriva dal rantolo roco del protagonista della copertina, simile a quello di un respiratore artificiale e Aqualung era il nome di un modello di respiratore. Il riff portante del pezzo che da il titolo ad disco è uno dei più famosi della storia del rock. L’amore che le band metal hanno per questo disco è provato, ad esempio, dalla cover che gli Iron Maiden hanno fatto di Cross-Eyed Mary.
Questo disco io lo avevo già, doppiato da altre fonti. Avevo già anche altro della band, come la raccolta XX Years. Ma l’opportunità di avere un vinile loro non me la lasciai sfuggire. Il manufatto in realtà versava, e versa, in condizioni pessime: è qui davanti a me ora mentre scrivo. La bella copertina cartonata è conciata maluccio. La costina dove sono scritti titolo e nome del gruppo è interamente rovinata e assente. Guardandolo adesso vedo che c’è uno spillo conficcato dentro, lo estraggo e poi lo rimetto, chissà chi l’ha messo e perché. Il vinile, una edizione italiana Island distribuzione Ricordi, del 1971, è abbastanza segnato. Soprattutto il lato B ha un lungo graffio che prende tutta la prima traccia, My God, e metà della seconda, Hymm 43. Altri graffi meno pesanti sono sparsi dappertutto. Nonostante gli oltre 20 anni passati in casa mia odora ancora di muffa da cantina. Se lo avessi restituito, oggi, non ci sarebbe di certo più.
Ma che dramma quando resi al Nanni la borsa con i suoi dischi. Lui la prese e la portò a casa. Silenzio. Dopo alcuni giorni, segno che la borsa era stata abbandonata chissà dove senza la minima attenzione, arrivò e mi disse, “hai dimenticato di ridarmene uno, quello dei Jethro Tull”, maledizione. Avevo dato per scontato che non si sarebbe accorto dell’assenza del disco. Invece mi aveva sgamato. Ma com’è quindi che il disco l’ho ancora io? Feci il finto tonto, “sicuro che me lo avevi dato? Guarda che io mica l’ho visto, ma comunque controllo a casa”. Poi lo evitai per giorni, ogni tanto però riusciva a trovarmi in giro per i capannoni e ribadiva la cosa, sempre più impuntato, sempre più tignoso. A questo punto era diventata una questione personale. “Guarda che io non l’ho, però se insisti te lo ripago o te lo ricompro”, azzardai. Se mi avesse detto di si avrei tergiversato. Ma a questo punto, forse colpito forse stremato, mi disse “va bene, lascia perdere ti credo, lo avrò dato ad altri o sarà in cantina”. E non se ne parlò mai più. Questa è stata l’usucapione più difficoltosa che ricordi. Spesso bastava non parlare di musica col “prestatore”, non andare sull’argomento. Ci si dimenticava della cosa, poi chi ha il coraggio di chiederti indietro delle cose, nessuno o quasi.
La malafede gioca tantissimo in questo campo. Certo alle volte il giochino del furto con destrezza in 15 anni colpiva anche me. Ricordo per esempio la vicenda Come Out and Play, quarto disco dei Twisted Sister. Uscito il 10 maggio del 1985 lo avevo comprato nel 1988, buon prezzo, al Videoclip, per poi prestarlo quasi subito al compagno di band Fabrizio. Non tornò mai più. E maledetto me che non tenni in contropartita uno dei suoi, tipo lo stupendo Taking Over degli Overkill. Che disco! Adesso lo sto inseguendo su E-Bay, visto che purtroppo è fuori catalogo.
Comunque Come Out and Play l’ho ricomprato qualche anno dopo e più bello nella confezione con il cantante del gruppo Dee Snider che esce dal tombino che c’è in copertina, più brutto che mai.
Ma era più difficile accadesse, odio farmi fregare i dischi. Anche se probabilmente di alcune cose dolorose devo avere rimosso il ricordo. Nell’epoca dei cd è diventato più difficile perdere del tutto un pezzo. La totalità della mia collezione è regolarmente acquistata e originale. Qualche usucapione al massimo anche qui l’ho subita. Le due raccolte Noi non ci saremo dei Csi prestate all’amica Elena, che ogni due tre anni chiedo in restituzione e che non tornano mai, ma prima o poi farò un raid a casa sua e li cercherò di persona. Ma in generale oggi in un attimo si possono ricomprare le cose che per “errore” scompaiono. Basta un click su Amazon.