Perché la vita, si sa, è una questione di tempi. Alle volte basta per puro caso trovarsi al momento giusto al posto giusto per imprimere una svolta al mondo, alla propria vita, alla serata. Non è questo il caso.
Sabato sera Sussurrandom e gli amici del circolo Poster volevano tenere una serata dedicata al sito all’interno del circolo culturale cremasco. Dico volevano. Perché i tempi sono importanti, già detto. Orario fissato sull’evento Facebook, che oramai conta più di una scrittura notarile, 21.30.
Ora, a 20 anni, e a 20 anni si è stupidi per definizione, le 21.30 sono un orario aleatorio. Tipo che ci si presenta a mezzanotte per essere in anticipo sul ritardo. Ma a 42 è tutto diverso. Le 21.30 vuol dire anche dieci minuti prima.
Piano piano zampettando, con Gabri a bordo di tacchi che arranca sul pavè del centro cittadino, arriviamo all’ingresso del circolo che alle 21.30 è chiuso. Ma come alle 21.30 avrebbe dovuto iniziare l’evento? E va bene. Una vasca malsicura in via XX Settembre. Si torna verso le 22. La porta è socchiusa e entrare mi imbarazza un po’.
Per fortuna arrivano 4 amici, ci si fa forza e si varca la soglia. Dentro c’è gente che sta allestendo in un silenzio tombale. E anche a 42 anni l’assenza di musica fa un po’ da deterrente. Completamente ignorati da chi sta lavorando, l’amico Max non c’è. Sono imbarazzato. Che si fa?
Usciamo. In piazza Duomo ad Andrea, Emiliano, Luca e Christian si uniscono anche Stefania e Mauro. Si decide per una tappa al bar del museo. Intanto inizio ad innervosirmi. Sono le 22.15. So che altri amici potrebbero essere in arrivo. A mettere il carico da 9 ci pensano due ragazze amiche del quartetto arrivato per prima: “ah ma prima di mezzanotte non arriva nessuno lì”. Perfetto.
Appena seduto al bar del museo con una birra davanti inizio un vorticoso giro di messaggi e telefonate. Uno abbastanza minatorio al povero Max. che mi chiama poco dopo, è mortificato, lo sento, è un bravo ragazzo oltre che un amico. Mi spiace so che quando voglio so essere assai acido. Scopro che l’assenza di musica quando siamo passati alle 22.15 era spiegabile con una visitina della Siae al locale, controllo di routine. E va bene.
“Ma si tra un po’ torniamo dai”. Intanto scopro che Monica e altri amici sono entrati al circolo e si stanno facendo una birra. Decidiamo di tornare. Gabri a bordo tacco mi abbandona e vira beccheggiando verso casa.
All’arrivo davanti all’ingresso del locale la situazione è la seguente: grandi lampi in cielo, primi goccioloni che cadono sull’asfalto caldo e soprattutto davanti all’ingresso una pattuglia dei vigili urbani, nonostante fosse vuoto e silenzioso pare che qualcuno abbia chiamato lamentandosi. La movida è diventata una cosa per uomini duri mi sa.
I pochi amici che erano passati se ne stanno andando, comunque sia anche se hai 40 e passa anni delle divise in un locale sono sempre un buon deterrente per cambiare aria. Ci fermiamo nella via a parlare un po’. Esce il buon Max, pallido, cioè più del solito. E’ un anima candida, credeva che mettere su un circolo culturale gli avrebbe portato ad un encomio pubblico. Invece non è così.
Intanto arrivano anche Denis e Massimo il postino. Si chiedono cosa è successo, non ho voglia di spiegaglielo. Ci penserò semmai domani. Decido di entrare. Monica mi ha detto che tra i vinili usati ne ha visto uno degli Iron Maiden. Lo trovo, stando inginocchiato a terra davanti agli scatoloni messi in salvo dalla pioggia in arrivo, dolore alle gambe, anche questo è il passare del tempo. Quindici euro. Dopo le birre al museo ne ho in tasca 12. Stocco 3 euro a Denis, prendo Powerslave ad imperituro ricordo di una serata del tutto sbagliata nei tempi, ma alla fine da fissare nella memoria… via.
Esco e provoco l’ilarità degli amici che si sono messi al riparo sotto un portone. Sapevano che sarei uscito con quel disco. Intanto arriva la proprietaria della casa del portone dove siamo e ci chiede di spostarci con aria schifata. E mamma che serata.
Qualcuno se ne va verso Longoni, che magari un cuba libre lo beve ancora. Qualcuno se ne va verso casa.
Io sotto i goccioloni che cadono mi avvio verso casa con il mio disco sotto il braccio e la maglietta che indosso che recita: i pazzi siete voi, mi sa che stasera ho cannato messaggio. I ragazzini under 20 che ancora sono per via Mazzini mi guardano con un misto di timore e compassione.
Probabilmente pensano o che potrei molestarli per la faccia tetra che ho oppure una cosa tipo: “vecchio se non vuoi prendere il raffreddore ti conviene andare a casa”. E’ quello che faccio.
Mi verrebbe da canticchiare Sergio Caputo: “è un sabato qualunque un sabato cremasco, il peggio sembra essere passato“.
Alle 00.18 sono a casa e accendo il fuoco sotto un the verde. A 20 anni a quest’ora forse sarei uscito per un appuntamento preso alle 21.30.
em