“Sotto le rosse mura di Parigi, si radunarono i cavalieri di Francia…” (Italo Calvino). Passandoli in rassegna, Carlo Magno, primo incoronato del Sacro romano impero, appariva insofferente, quasi stanco, certamente deluso. L’unico che dava segnali d’allegria sembrava il cavallo, quasi che se la ridesse sotto i baffi.
Ma i cavalli non hanno i baffi.
Non rompermi i coglioni, cretino, è un’allegoria!
Disse il Carolingio: “Miei prodi, la missione è stata affidata alla Legione straniera con il supporto dell’Aviazione e della Marina. Non ci resta che tornare alle nostre terre, in attesa di nuove consegne da parte di Santa romana chiesa.”
Cavalcò impetuoso presso di lui il Cavaliere inconsistente: “Mio Sire non t’affliggere! Le nostre armi godono sempre della benedizione di Dio. Alla pugna le guida messer Hollande, gran puttaniere e ardito conduttore di scooter. Noi resteremo come indomite pietre alle cime dei Pirenei.”
“Imbecille, ma è Parigi che brucia!”
“Sire, sono fiamme che ardano e interpretano lo sdegno del mondo cristiano e che temprano in nuovo acciaio la tua spada.”
Sarebbe?
“Le spade di Francia sono vendute in tutto il mondo, insieme ai Mirage, che sono come folgori divine.”
Non mi convinci, Cavaliere inconsistente, ché niente può sprizzare scintille mortali come il cozzo del nostro acciaio contro le lame ricurve dei Mori. Però armiamoci dunque e si torni alla pugna in Terra santa, perché il nostro è un messaggio d’amore.
“Non temere, o mio imperatore, il messaggio d’amore è stato raccolto e davanti alle discoteche sono tornati i buttafuori.”
Sarebbe?
“Ci andiamo noi“.
Beppe Cerutti