Disse, ma proprio perché era necessario fare il duro: “Secondo me quei fiori sono collocati in maniera inappropriata. Le rose gialle nell’atrio di casa sono sconvenienti, soprattutto se la magione è fonte d’allegria.”
Dall’alto del circuito di scale che protendeva verso una vetrata gotica raffigurante la serenità dei sensi, Madame scelse di sgradinare sul versante destro, il più sicuro: “Mio caro” ripeteva a ogni gradino, “la vedo inquieto.” “La vedo inquieto, mio caro.” I gradini da scendere erano diciannove, mentre venti erano i dobloni d’oro che mancavano alla borsa del ricco sfondato.
“Immagino, o sì, proprio l’immagino il suo disappunto, ma le assicuro che abbiamo, che ho provveduto. Caro amico, se vuol risalire queste scale sarò io stessa ad occuparmi di lei.”
“Madame, non è l’oro sottrattomi furbescamente quello che mi preoccupa in questo momento.”
“Noo? E allora che, mio caro?”
“La plebaglia ha assaltato la Bastiglia.”
“Occazzo! Ragazze, ragazze, svelte. Fuori il rum della Tortuga e le patate lesse e anche le cipolle stufate. Sta per cambiare la clientela.”
“Madame, perdoni, ma dei miei venti dobloni?”
“Marchese mi meraviglio di lei! Con che cosa le mia ragazze potranno pagare quegli assatanati?!”
Beppe Cerutti