Va da se che uno che si chiama Libero Liberati, se si trovasse a vivere sotto un regime autoritario, qualche problema sicuramente se lo ritrova tra i piedi. Se per caso aderisse all’Idea, con un nome così prima o poi troverebbe il pirla di turno che lo reputa un po’ troppo liberale; in caso contrario vien da dire che con quel nome e con quel cognome uno le rogne se le va proprio a cercare.
Libero Liberati nacque da Spartaco e da Liberina Liberati, tra loro erano parenti alla lontana. Il padre era un tipo di poche parole, la madre era muta ma sapeva leggere e scrivere e per questa ragione venne ceduta in cambio di tre vitelle e qualcos’altro che non è citato nel contratto. Lei e lui si stivarono alla meglio dentro una nave rompighiaccio battente bandiera panamense, che andava verso l’America ma che il capitano dirottò verso l’Alaska perché altrimenti l’equipaggio non si sarebbe divertito.
Ma con quei nomi, anche se un poco lontani dall’ombra della statua della libertà, c’era poco da fare i pirla. Quarantene una dopo l’altra, tanto che la Liberina cominciò a prendere confidenza con quella lingua strana e scrisse un biglietto al doganiere: “Ma dove cazzo siamo?” “Alaska” rispose l’autorità. “E dov’è?” “Un po’ al nord, appena dopo il Canada”. La guardia di lassù aveva la faccia da cinese che se la lavava col grasso di balena e sulle spalle quattro strati di pelle di foca. “Ho un brutto presentimento” annotò la donna. “Liberina, mi sa che l’abbiamo preso in quel posto là”, aggiunse Spartaco.
Libero Liberati, quando finalmente i doganieri lo lasciarono nascere, nacque in mezzo ai ghiacci. Bei posti, con orizzonti sconfinati e aria buona. “Da noi vedrai che non ti rompe le balle nessuno. Però stai attento all’orso bianco, che è uno che le balle, invece, gli girano abbastanza facilmente.”
Imparate le usanze del luogo, bisognava però metterle a frutto, perché va bene fare il cacciatore, ma qui i fagiani dove cazzo li trovi?!
Corpo sano in libera mente e ricordati che anche in Alaska esiste il trittico totemico del sogno americano: Dio, Denaro e Datti da fare.” Lui adesso lo chiamavano “Free” e quando respirava l’aria fredda gli scendeva giù fin nella pancia ch’era una meraviglia. Mica quella roba umida e dolciastra che avevano respirato i genitori. Pensa che ti ripensa, ecco il “bisnes”. “Export” di lattine d’aria gelata. Dai Caraibi al Mediterraneo, un successo della madonna: FreeAir”, anche nella vantaggiosa offerta tre per due.
I russi sono ancora lì che si mangiano le mani: l’aria siberiana non la vuole nessuno.
Beppe Cerutti