“Suonerebbe qualcuno dei suoi strani accordi per la classe?”, la domanda della bella insegnante di musica della Columbia University colpì molto lo strano signore che stava un po’ storto e con uno strano cappello di fronte alla classe. Era uomo di poche, pochissime, parole. La risposta fu secca, pur se gentile, “Cosa intende con strani? Sono accordi perfettamente logici”.
Theo era pazzo. Una follia mite, non come quella irascibile del suo amico Bud. Era pazzo e strano. Oggi si sarebbe detto bipolare. Poteva stare giorni e giorni in silenzio, senza fare nulla, sulla soglia di casa a guardare le gente passare. O a dormire. Il suo aforisma preferito era: “E’ sempre notte; se non fosse così non sentiremmo tanto il bisogno della luce”. Poi magari d’improvviso poteva mettersi alla tastiera e rimanerci per giorni. A creare. Theo era un compositore. Anche quando suonava musica altrui. La destrutturava fino a distruggerla in note e accordi dissonanti per poi ricostruirla in una magnifica nuova visione.
Per questo secondo lui i suoi accordi erano perfettamente logici. Non lo erano per la critica, di allora. Per quella di oggi Theo è un genio. Punto. Alla gente del Five Sport, il locale di New York dove suonò quasi tutte le sere dal tra il 1957 e 1958, piaceva molto. Era strano e teatrale. Sul palco dominava con la sua figura enorme, da orso, e gli strani cappelli che cambiava ogni sera.
Ogni tanto abbandonava la tastiera. Si alzava in piedi e muoveva qualche passo di danza, molto goffa, attorno al pianoforte. Poi riprendeva esattamente da dove aveva smesso: “mi serve per capire se il brano funziona”, e funzionava. Funzionava davvero.
Theo non suonava il pianoforte. Ci parlava, nel suo mutismo. Usava più la mano sinistra e suonava note che facevano impazzire la critica. Sbagliate. Mezzo tono sopra, o sotto, allungate allo spasmo e poi piantate li. Oppure premeva due tasti vicini contemporaneamente dando al suono una sbilenca dissonanza. Magari se era contento ficcava un paio di gomitate al pianoforte traendone strani sibili. La sua musica la definirono primitivismo, o addirittura infantilismo. Era primordiale come il gioco dei bambini che si sentono del tutto liberi di reinterpretare un oggetto.
John di Theo diceva: “Tu non sai mai cosa può succedere. Dal punto di vista ritmico, per esempio, lui sa creare una tale tensione da costringere chi suona strumenti a fiato a “pensare” invece che a cadere nei soliti cliché. Può cominciare una frase da un punto che tu non ti aspetti, e tu devi sapere bene cosa fare. Oppure dal punto di vista armonico segue delle strade diverse da quelle che tu puoi avere previsto. Una cosa soprattutto mi ha insegnato: a non avere paura di fare ciò che sento veramente”. E se a dire una cosa così di un musicista è John Coltrane, beh puoi stare certo che sia vera.
Eppure Theo per anni addirittura non poté suonare. Gli avevano ritirato la tessera del sindacato degli artisti, che a New York serviva per firmare gli accordi con i locali. Se non fosse stato per la baronessa Nica de Koenigswarter, a cui dedicò il brano Pannonica, forse non avrebbe suonato mai più. La tessera l’avevano ritirata un giorno che sull’auto dove viaggiava con il suo amico Bud, l’irascibile, trovarono un po’ di droga. Era il 1951. Theo si rifiutò di testimoniare contro l’amico Bud Powell. Questo gli costo 6 anni di silenzio, solo a registrare. Cose che poi saranno pubblicate dalla Riverside e dalla Blue Note. Capolavori.
Nel 1957 appena riavuta la tessera si fece avanti il piccolo Five Spot Cafè, un localino di New York che grazie a lui diverrà il centro del nuovo jazz. Un ingaggio. Finalmente. Cinque mesi di fila con un quartetto formato da John Coltrane al sax tenore, Wilbur Ware al contrabbasso, e Shadow Wilson alla batteria. E naturalmente Theo, Thelonious Monk, al pianoforte. Quando John se ne andò per unirsi al gruppo di Miles Davis, e registrare il capolavoro Kind of Blue, nel quartetto si susseguirono altri sassofonisti. Al Five Spot vi rimase anche per tutto il 1958.
Theo era nato il 10 ottobre del 1917 in una famiglia poverissima della Carolina del Sud. Ma da Rocky Mount si trasferirono a New York che Theo aveva solo 6 anni. E già suonava il pianoforte. Ha suonanto con tutti, e anche da solo… in un solo disco, Alone in San Francisco, reigstrato un pomeriggio che era in tensione perché la moglie era in ospedale per un operazione. Ha suonato con tutti portando sempre il suo stile folle e dissonante. Il 6 giugno del 1950 era al pianoforte per incidere il disco Bird & Diz, l’ultimo che vide assieme i due fuoriclasse del bebop dei primordi Charlie Parker e Dizzy Gillespie.
Era una delle sue prime incisioni. Uno spiantato che si era infilato non si sa come in mezzo ad un gruppo di stelle. Soprattutto la batteria caciarona di Buddy Rich che tipo tu ascolti il disco che dovrebbe esaltare il sax di Parker e la tromba doppia di Dizzy e senti questa batteria e questo pianoforte che vanno ognuno per i cazzi suoi. E allora capisci che i casi sono due: o sono dei folli o sono dei geni. Erano geni.
Emanuele Mandelli