“Io credo di non farcela, davvero. Che vuole questa gente che urla, che vuole quella donna che parla una lingua che non conosco?” Kurt si abbassa, attacca il jack della chitarra all’amplificatore, attacca il riff di Serve the servant. Non sa ancora che questo sarà il suo testamento televisivo. “Io non credo di farcela, davvero. Chi diavolo è questo che suona la chitarra e saltella da parte a me? Mi viene da vomitare”.
Pat con un improbabile giacca nera sformata cerca di dare spessore ai riff della Mosrite Gospel Mark IV di Kurt. E’ sempre quella che comprò a San Francisco nel 1990, quella trasformata in chitarra per mancini con un lavoro certosino, quella con la cassa modificata, quella bianca e
nera che si vede in tante foto. Stasera sembra più scordata del solito.
“Io non credo di farcela, davvero. Ma davvero sta gente sta ascoltando le mie parole? Canto così: come le mie ossa crescono loro mi hanno fatto male. Mi hanno fatto veramente molto male. E sto male. Ma qualcuno sembra accorgersene?” Krist e Dave fanno il loro lavoro di sempre. Sostengono le
parole e la chitarra di Kurt. Krist è quasi senza capelli, somiglia già al candidato democratico tipo che sarà tra qualche anno. Anche lui indossa un improbabile giacca grigia e sformata.
“Io non credo di farcela, davvero. Ascoltatemi, canto: non c’è niente che io possa dire. Che non abbia pensato prima. Possibile che non sentite che vi sto recitando il mio testamento. Sto male”. Le scintille da sopra il tunnel cadono a terra, Corrado entra in scena nei panni di Lorenzo. Camicia di flanella a scacchi blu e neri e sotto una maglietta con la copertina di In utero.
Pat cerca di capire il gioco, Dave guarda l’attore con viso straniato. Kurt appoggia la sua chitarra, indossa un giubbotto rosso da college e se ne va veloce. Pallido.
“Io non credo di farcela, davvero. Chi cazzo è questo con una maglietta del mio disco che mi assale. Voglio tornare in camera a ripulire il vomito nel bagno, a scrivere: vorrei che lei fosse qui. Forse mi capirebbe, forse porrebbe fine al mio dolore. Uccidimi che ti amo”.
Adesso arriva anche Serena. Il gruppo se ne va. Nessuno li vedrà mai più in televisione dopo questo giorno. Nessuno di quelli che ha assistito si rende conto che questo è davvero il testamento della band. La trasmissione si chiamava Tunnel, andava in onda su Rai 3, loro erano i Nirvana. Erano a Roma per un tour. Era il 23 febbraio del 1994, dieci giorni dopo Kurt starà male in una camera d’albergo della capitale, si parlò di tentato suicidio. Il suicidio quello vero, o presunto, arriverà un mese dopo, l’8 aprile del 1994 a Seattle.
Io ero davanti alla televisione quella sera e ricordo lostraniamento di Kurt Cobain, pallido, provato anche lui con un improbabile giacca cremisi. Mi chiedevo chi fosse l’altro chitarrista, per me i Nirvana erano sempre stati tre: Kurt Cobain alla chitarra e alla voce, Dave Grohl alla batteria e Krist Novoselic al basso. Quell’altro era un certo Pat Smear, suonò come membro esterno nell’ultimo tour, quella italiana è una delle sue poche apparizioni televisive.
A fine esibizione Corrado Guzzanti entrò in scena nei panni del grunge coatto Lorenzo, nessuno della band capiva cosa stesse succedendo. Spensi la televisione con l’impressione che un epoca fosse finita… Lo era davvero.
Nome: Kurt Cobain
Usa (1967 - 1994) Formazioni: Nirvana Discografia: Blearc Nevermind Incesticide In utero MTV Unplugged From the Muddy Banks...
Tratto dal libro Zombi rock di Emanuele Mandelli