L’attesa è finita. Per una settimana su Sussurradio vi abbiamo raccontato le storie che hanno incrociato la vicenda Pink Floyd. Dal 1967 al 2014. Quasi mezzo secolo di rocambolesche e mirabolanti avventure. Ve lo abbiamo raccontato sul sito con l’esegesi delle copertine. Momenti che hanno stupito tutti e che spesso sono entrati a far parte della storia del rock. E comunque vada anche questo The Endless River entrerà dritto dritto in quella storia, e dalla porta principale. Ma allora questo disco è un capolavoro? No. Ma chi se lo aspettava onestamente da session di 20 anni fa rimaneggiate in studio? Dai, spero che nessuno aspettasse un nuovo Dark side of the moon.

Eppure leggendo le recensioni in giro oggi c’era da stupirsi. Tra i primi ad azzardare una recensione quelli dell’Indipendent. Una recensione cattiva, al limite dell’urtante già dal titolo: Boring and desperately disappointing. Che si apre con le parole: adesso ricordo perché si arrivò al punk.

E va bene. In Italia i primi ad azzardare una recensione sono quelli di Panorama, alle 9 del mattino è già on line, la recensione è positiva. Un po’ meno quella di Rockol.

Ma è tutta una corsa ad anticipare e dire per primi la propria con risultati spesso imbarazzanti, in Italia ci siamo imbattuti anche in chi ha messo una recensione ancora prima che il disco fosse negli store digitali, ancor prima che venisse consegnato ai negozi, mettendo assieme collage di anticipazioni prese qua e la da siti inglesi ed americani, suggestioni prese dagli articoli preparatori, miscelando tutto con la tracklist che da settimane era disponibile e spacciando il tutto come recensione… D’altrocanto c’era anche chi ne aveva parlato male ancor prima che uscisse… La febbre da Pink Floyd fa brutti scherzi, e bello o brutto che sia parlare di questo disco porta accessi sicuri…

 

Ma anche per noi è giunto il momento di dire la nostra sul disco. E lo facciamo nel metodo più apprezzato: track-by-track.

  • Side 1, Pt. 1: Things left unsaid

L’inizio parte da lontano. Il ricordo va al via molto lento ma atmosferico di The Division Bell. I suoni sono molto levigati.

  • Side 1, Pt. 2: It’s what we do

Il passaggio dal primo pezzo è impercettibile. Ma la citazione di Shine on you crazy diamond è evidente. Al minuto e 21 secondi entra la batteria. Classica ritmica floydiana. Lenta ma precisa. Così come la chitarra, classicamente gilmouriana. Sono i Floyd classici dell’ultimo periodo.

  • Side 1, Pt. 3: Ebb and flow

Una frenata netta. Niente batteria. Un minuto e mezzo che chiudono la prima suite. Molto interlocutoria. Negli spunti belli ma non troppo incisivi.

  • Side 2, Pt. 1: Sum

La seconda suite sembra aprirsi citando la psichedelia dei primi anni. Ma l’impressione di essere ai tempi di More svanisce subito. Anche se la batteria marziale fa venire alla mente il Mason di Pompeii. Il contrappunto chitarristico è invece dell’epoca floyd modena. Intanto le tastiere emergono.

  • Side 2, Pt. 2: Skins

Il pezzo parte ancora con Mason sugli scudi. Pare una citazione del giro ipnotico di A saucerful of secret. Qui è davvero psichedelia. Ci fosse la chitarra lancinante di Barret sarebbe un gran pezzo. Finisce troppo veloce.

  • Side 2, Pt. 3: Unsung

Torna subito la chitarra classica, su un tappeto di tastiere molto sinistro. Ma è solo un minuto.

  • Side 2, Pt. 4: Anisina

Si parte che pare Us and them. La voce qui ci stava. Quello che dovrebbe fare un coro lo fanno sax e clarinetto imitando delle voci. Il pezzo evolve quasi in una The great gig in The sky. Ma con molto meno phatos drammatico. Un temporale chiude la seconda suite. Nel DVD c’è la versione video. Gilmour suona il piano e poi una serie di foto in bianco e nero del gruppo. Nostalgica.

  • Side 3, Pt. 1: The lost art of conversation

Piove anche ad inizio terza facciata. Il ritmo rallenta di nuovo. C’è quasi del jazz qui.

  • Side 3, Pt. 2: On noodle street

Jazz che si fa fusion in questa breve scheggia con un bel giro di basso a dominare e la tastiera a ricamare.

  • Side 3, Pt. 3: Night light

Di nuovo si decelera. È tutto un suono sintetizzato e cinematografico. Pare che sorga il sole. Un sole fantascientifico.  Serve un colpo di acceleratore.

  • Side 3, Pt. 4: Allons-y (1)

Arriva con un atmosfera alla Run like hell. Qui la citazione di The Wall è secca. Questo brano si era sentito anche qualche giorno prima. Il basso pare quello di Waters. Lo suona infatti una vecchia conoscenza: Bob Ezrin. C’è anche in versione video sul DVD  e si può vedere Ezrin in studio con i Floyd. Unisce anche la seconda parte.

  • Side 3, Pt. 5: Autumn ’68

La citazione di Summer ’68 è tutta nel titolo. Il fulcro è infatti una registrazione del 1968. Atmosferico l’organo a canne della Royal Albert Hall.

  • Side 3, Pt. 6: Allons-y (2)

Ma riprende subito la ritmica precedente. L’assenza di una voce inizia a farsi sentire. Ma questa terza suite è senza dubbio la più bella,

  • Side 3, Pt. 7: Talkin’ Hawkin’

Una voce in qualche modo arriva. È quella meccanica dello scienziato Stephen Hawking. Ma anche il coro è atmosferico. Il pezzo è spaziale e molto bello. La chiusura perfetta della terza suite. La qualità sale.

  • Side 4, Pt. 1: Calling

Suoni elettronici che passando da un canale all’altro evocano Astronomy Dominè aprono la quarta suite. Tastiere doppiate, le suona Gilmour assieme a Anthony Moore, co autore del pezzo.

  • Side 4, Pt. 2: Eyes to pearls

Un semplice riff di chitarra, ma molto efficace, introduce in questo pezzo. Poche note, quasi western. La batteria ancora in primo piano. Il Farfisa e l’Hammond aprono la strada ad un pezzo nuovo.

  • Side 4, Pt. 3: Surfacing

Si sente che sta per arrivare l’unico brano cantato. La ritmica si fa quadrata. La voce di Gilmour inizia ad emergere in un coro a bocca chiusa. Campane…

  • Side 4, Pt. 4: Louder than words

…e parte il pezzo finale. Finalmente la voce che adoriamo tutti. Sorpresa nel ritornello abbassa la tonalità e si fa doppiate da tre backing vocals femminili. Ma il pezzo c’è. Anche se sembra molto vicino alle sonorità di On island. L’assolo pero apre il cuore. Una lunga coda in dissolvenza chiude il disco.

  • Extra track, TBS9

Siamo al Blu Ray, o DVD. La prima extra track è una pulsione sonora che riporta ancora alla psichedelia dei primi anni. Prende ritmo quando entra la batteria. L’acronimo crediamo sta per The big spliff, come veniva chiamato il progetto in lavorazione nel 1993.

  • Extra track,TBS14

Ed è una grande canna lisergica anche la seconda extra track. Mason detta il ritmo blando doppiato da un organo. Sarebbe stata benissimo nell’album. Chiude con una strana variazione ritmica.

  • Extra track, Nervana

Una chitarra acidissima per la terza extra track. Sembra quasi l’attacco di Interstellar Oberdrive. Poi un riff molto incisivo. Batteria e rock. Questo è un signor pezzo. Perché non sta nell’album? C’è anche in versione video con immagini del 1993  con i tre che si divertono. Mason suona con una scatola in testa, Gilmour non ha la sua classica Strato. Il pezzo si conferma bello.

  • Extra track, Evrika (A)

Genesi in studio con tanto di video di un pezzo poi finito su The Division Bell. Il solo Gilmour suona la chitarra. In Untitled invece improvvisano tutti. Pura curiosità per spiare la sala prove dei Pink nel 1993. Anche fin troppo lunga.

  • Extra track, Evrika (B)

Stessa genesi di un pezzo di The Division Bell ma cin tutti in studio. Abbastanza inutile.  Il DVD contiene anche la versione 5.1 del disco.

In conclusione cosa possiamo dire? La foto in apertura si chiede: capolavoro o boiata pazzesca? Ovvimente nessula delle due cose. Non poteva essere un capolavoro un disco ricavato da session abbandonate 20 anni fa. Non poteva essere un capolavoro un disco dei Floyd senza Waters, come non lo erano stati i precedenti due dell’epoca gilmoriana, pur se sono e rimangono grandi dischi. Non poteva neppure essere una cosa terribile. Ci sono come abbiamo detto delle grandi citazioni, ci sono dei grandi momenti di perizia musicale. Lo ascolteremo molto. Ma ascolteremo un’altra volta ancora molto di più i dischi storici citati qua e la. Di certo erano anni che non si respirava un aria di attesa così alta per un disco. Solo per averci riportato a sentirci come sedicenni che fanno il conto alla rovescia dei giorni che mancano all’uscita del disco dobbiamo ringraziare i Pink Floyd.

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