Il dibattito sulla leadership nel Cremasco mi stimola a fare alcune considerazioni che vorrei condividere con coloro ai quali sta a cuore la sorte del nostro territorio.

Concordo con il sindaco di Casale  Cremasco sulla necessità di un confronto pacato, ma necessario se si vuole dare un futuro, non dico luminoso, ma accettabile al Cremasco, inteso come entità politica e culturale dotata di una specifica identità legata alla propria storia e tradizione e con un leader che lo guidi con autorevolezza e un obiettivo preciso.

Ora quel che manca oggi al Cremasco, ma anche il passato non ha brillato, è proprio un leader riconosciuto da tutti i comuni. Oggi, infatti Crema, che naturalmente dovrebbe essere il Comune di riferimento del territorio, non svolge questo compito. Non aggrega, anzi divide.

A questo si aggiunga il risultato delle recenti elezioni e balza evidente come la neonata Area omogenea, organismo politico che dovrebbe rappresentare i comuni del territorio, di fatto, non lo rappresenta. In questo organismo, composto da 15 membri, è presente un solo esponente della Lega, la quale  ha trionfato in tutto il Cremasco e il vicepresidente è un sindaco che ha pubblicamente dichiarato di non considerarsi cremasco, ma della Terra di mezzo e che avrebbe deciso dove collocarsi secondo le circostanze. In altre parole avrebbe scelto da che parte stare secondo convenienza.  Aggiungiamo che il presidente è schierato con il centrosinistra e si capisce come l’Area Omogenea non rappresenti l’attuale situazione politica del Cremasco. Bastano queste due considerazioni per capire come l’Area omogenea è già fuori gioco ancora prima di diventare non dico adulta, ma adolescente.

Apro una parentesi. Certo non tutte le colpe sono del centrosinistra. Molte sono da imputare anche al centrodestra e alla Lega che nel nostro territorio sono riusciti a regalare il comune di Crema al centrosinistra. Per quanto  mi riguarda, essendo io della Lega,  vorrei che coloro  i quali hanno mosso le pedine, in maniera esplicita o in quella più o meno occulta,  si facciano da parte e permettano un rinnovamento del partito partendo dai territori.  Chiusa parentesi.

Se analizziamo il braccio operativo del territorio, cioè Scrp, allora  la situazione diventa tragica. La società ha dimostrato di essere inadeguata.  Lo dimostra l’assurda odissea durata tre anni, e alla quale il mio comune  non ha partecipato, per assegnare l’appalto dell’igiene urbana. Oppure il valzer dei progetti per assegnare l’appalto dei varchi elettronici non condiviso da un gruppo di Comuni, ma che dovrebbero contribuire a sostenere la spesa e che non hanno ancora ricevuto risposte sulla loro legittima richiesta di compensazione. Senza dimenticare i soldi spesi in consulenze per arrivare alla kafkiana vicenda del nuovo statuto, già cassato ancora prima di  diventare operativo.

Il mio Comune  e altri hanno espresso la volontà di far valere il diritto di recesso per uscire dalla Società, ma  si ha l’impressione che i vertici Scrp, con presidente di area Pd, vogliano dilatare i tempi della fuoriuscita.  Per completare il quadro vorrei sottolineare che il mio Comune  negli ultimi sette anni non ha mai utilizzato Scrp, circostanza che dimostra l’inutilità della Società  per  quanto riguarda la realtà di Palazzo Pignano.

Se così stanno le cose è corretto far sapere a chi esercita la leadership senza averne l’autorevolezza, che non tutti i sindaci sono pecoroni come qualcuno li ha definiti. Comunque, si sappia  che i pecoroni possono stancarsi di belare e ogni tanto possono anche ruggire.

 

Rosolino Bertoni – Sindaco di Palazzo Pignano

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